Il muro di Berlino |
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In questi ultimi giorni si fa un gran parlare di quell'opera muraria che dal 1961 al 1989 segnò in maniera netta ed evidente la storia umana; un muro che non divise solo una città ma un intero pianeta in due fazioni opposte e nemiche.
Probabilmente è la scadenza ventennale a farne sentire maggiormente il peso; venti anni sono tanti e ricordare il come eravamo profondamente diversi da adesso rincuora molti di noi nell'esserci ancora. Sono stati venti anni di cambiamenti epocali, in cui molto per cui si è combattuto nel secolo scorso non esiste più. Oltre al muro sono crollate intere nazioni, regimi ed ideali che hanno fatto la storia del secolo scorso, spazzati da un vento di cambiamento, quasi come fossero foglie su un viale in una sera d'autunno.
Ma la caduta del muro fu solo l'evento culminante di uno degli anni più epocali per la storia dell'intero secolo; tutto era cominciato il 15 Gennaio con le manifestazioni di Praga, sedate con l'arresto di centinaia di manifestanti, mentre il 17 aprile, finalmente, veniva riconosciuto ufficialmente, in Polonia, il sindacato Solidarnosh. A maggio scoppiano le proteste in Cina, soffocata nel sangue di piazza Tian'anmen. Ricordo che in quel periodo lavoravo a Lecce e trascorsi una bella estate a Otranto...
Venne l'autunno ed il vento del cambiamento influenzò molto le decisioni su dove trascorrere una breve vacanza autunnale. Insieme ad altri amici si decise di trascorrere qualche giorno di Ottobre proprio a Berlino! Fu il desiderio inconscio di vedere cosa davvero stava succedendo che ci spinse a 2000 km da casa...
Eravamo in tre ad intraprendere quel viaggio, in macchina. Si decise di partire il pomeriggio: era più comodo; avremmo guidato di notte e riposato quando proprio non ce l'avremmo più fatta, dormendo un pochino in macchina. La prima tappa era la città di Mozart, Salisburgo.
A quel tempo l'Austria non faceva parte della CEE ed alle frontiere finanzieri italiani e gendarmi austriaci guardavano tutti un po' sospettosi... Ma forse noi destavamo ancora più sospetto, visto che ci fermarono per rovistarci la macchina da cima a fondo... Mah... Cose che capitano a chi è un po' giovane...
La pausa a Salisburgo trascorse tranquillamente: il solito giro in città, l'immancabile visita al castello e, nel pomeriggio, partenza per Berlino, passando da Monaco. Nessuno di noi conosceva il tedesco e non avevamo portato cartine. Ad occhio e croce, perdendoci nella periferia di Monaco, riuscimmo ad imboccare l'autostrada ed arrivare, finalmente, al confine con la DDR: Deutsche Demokratische Republik. La Germania dell'est, quella comunista!
Dopo alcune ore di autostrada, fatte sempre sul limite dei 160 (scoprimmo in quei giorni che in Germania non ci sono limiti di velocità...), giungemmo alla frontiera. Non avendo passaporti (per Berlino Ovest non ce n'era bisogno), fummo invitati, in tedesco, a sottoporci ad alcuni controlli. Nessuna delle guardie di frontiera parlava inglese, non c'era modo di capirsi. Superammo alcune barriere di filo spinato, sotto lo sguardo attento dei poliziotti, armati di tutto punto: alla nostra destra, sulla strada d'ingresso, stava un enorme, trionfale, monumento raffigurante un compasso ed un martello. Era il simbolo della Germania comunista, così grande da incutere ancora più paura dei mitra dei poliziotti...
Ci fecero scendere dall'auto ed attendere in un ufficio. Ci chiesero i documenti italiani ed il motivo per cui volevamo attraversare la DDR. Con mille difficoltà, con un linguaggio misto tra inglese, francese, italiano e dialetto cercammo di spiegare le nostre intenzioni. Il funzionario scrisse qualcosa su dei moduli, prese i nostri documenti e ci disse di attendere in un altro ufficio.
Era l'ufficio del fotografo. Ci fecero una foto per un passaporto temporaneo e firmammo qualche documento: il funzionario si riprese nuovamente tutto e ci disse di recarci in un altro ufficio.
Il tempo passava ed ancora non avevamo né i nostri documenti ne il lasciapassare per Berlino. Un nuovo funzionario ci interrogò daccapo e, finalmente, ci disse di recarci un un altro ufficio dove avremmo potuto avere il lasciapassare da esibire in caso di controlli e da restituire all'uscita dalla Germania Democratica. Non ricordo quanto ci costò il disturbo burocratico, ma ricordo benissimo che volevano esser pagati in marchi dell'Ovest; dopo l'esborso, finalmente, entrammo nella Germania comunista!
Lasciata la frontiera, imboccammo l'autostrada che ci avrebbe condotti a Berlino. Ricordo che non aveva nulla a che vedere con quella della Germania Ovest che avevamo lasciato. Era uno stradone asfaltato a due corsie per ogni senso di marcia; le carreggiate non avevano guard rail ed erano separate da uno sterrato pieno di erbacce e cespugli. Mancava l'illuminazione, erano piene di buche e detriti e percorse da pochissime macchine, tutte uguali e solo in tre colori: rosso, bianco e verde. Scoprì solo dopo che si trattava della Trabant, la famosa (ed altrettanto brutta) automobile orgogliosamente prodotta nella Germania Democratica. Tuttavia, forse per la strada dissestata, forse perché non correvano più di tanto, non superavano gli 80 orari...
Il viaggio trascorse calmo e l'autostrada (tanto per usare un eufemismo) era libera, con pochissimo traffico. Giungemmo a Berlino prima di mezzanotte e, dopo un po' di peripezie, trovammo l'albergo dove avevamo prenotato a Siemensstadt. Ricordo che ritornare in Occidente mi fece tirare un sospiro di sollievo: le luci di Berlino Ovest ed il traffico ritrovato mi facevano sentire un po' a casa.
La prima idea appena svegli fu telefonare al consolato e cercare di ottenere il lasciapassare per Berlino Est. Impossibile: dal consolato ci avvisavano che i visti erano stati sospesi a causa dei disordini che erano scoppiati nei giorni precedenti e si sconsigliava vivamente di andare dall'altra parte. Peccato!
Ci consolammo con una passeggiata sulla Ku Damm, il nome abbreviato di una via lunghissima: la Kurfurstendamm; la strada attraversa il centro di Berlino e da lì non distano molto la vecchia sede del parlamento tedesco (oggi ritornata ad esserlo, dopo la riunificazione), il muro e, al di là di esso, la porta di Brandeburgo, simbolo della città ma chiusa nella parte proibita e, per noi, irraggiungibile!
Da questa parte il muro era immerso in un immenso parco; di tanto in tanto si trovavano delle strutture in legno che permettevano ai turisti di affacciarsi e gettare uno sguardo a quella parte della città chiusa a noi occidentali. Incuriositi, salimmo anche noi per guardare verso la piazza della Porta di Brandeburgo che vedevamo dalla parte di dietro, essendo questa orientata verso la parte Est della città. Rimasi esterrefatto nel vedere una calma irreale sulla piazza: pioveva un po' ma mentre questo non aveva certamente fermato la vita di Berlino Ovest, sembrava aver letteralmente paralizzato Berlino Est. Non c'era nessuno per strada: la piazza era deserta, senza un passante, un'auto, una bicicletta, un cane. Niente e nessuno!
Solo il muro faceva bella mostra di sé: alto, austero, dipinto. Un gran numero di murales ornava quelle fredde pareti di cemento, con frasi in tedesco, certamente, ma anche in inglese, francese ed italiano. Il muro era il protagonista principale di Berlino, l'unico oggetto che sicuramente divideva le due comunità ma altrettanto sicuramente le univa in una comune, grande disgrazia.
Il resto della giornata fu trascorso alla ricerca di un gommista: le trascurate autostrade della Germania Est avevano messo a dura prova le gomme della nostra auto. Non immaginate quanto sia difficile trovare un artigiano a Berlino!
Era il 12 ottobre del 1989: da lì ad un mese il muro non ci sarebbe stato più e con lui tante altre cose che avevano reso il ventesimo secolo un periodo molto triste da ricordare...
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